Nania: “Quando nel 1989 proposi l’elezione diretta del Capo dello Stato”

Redazione

Nania: “Quando nel 1989 proposi l’elezione diretta del Capo dello Stato”

martedì 25 Gennaio 2022 - 17:11

Ospitiamo oggi un interessante contributo del Sen. Mimmo Nania che ripropone il tema dell’assoluta necessità dell’elezione diretta del Capo dello Stato. Un tema di scottante attualità che merita l’apertura di un nuovo dibattito politico.

Il 26 giugno 1991 l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga inviò alle Camere un messaggio sulle riforme che fece esplodere alcuni temi caldi del momento, quali il presidenzialismo, la relazione tra Costituzione formale e Costituzione materiale e quella tra il titolare della sovranità e le forme del suo esercizio.

Nel corso del dibattito alla Camera, il 25 luglio 1991 presi la parola e dichiarai a nome del Fruppo del MSI il sostegno al Messaggio di Cossiga. L’arco costituzionale di allora, dai democristiani ai comunisti, si chiuse a riccio nella difesa acritica della sovranità del Parlamento sostenendo che la sovranità appartiene, sì, al popolo ma che mentre vota, la perde per trasferimento quinquennale a deputati e senatori senza alcuna possibilità d’interloquire col Parlamento “strada facendo” in forme democratiche. Nel mio intervento misi in dubbio l’interpretazione partitocratica della sovranità popolare sostenendo che i tempi erano maturi per introdurre nell’organizzazione dei poteri più dosi di democrazia diretta e nuove forme referendarie senza per questo mettere in discussione i fondamenti della democrazia rappresentativa.

D’altra parte, quale pregiudizio ideologico, può impedire a un corpo elettorale, in una democrazia matura, di dire “come la pensa” con un referendum propositivo oltre che con quello abrogativo? Dissi: “Certo. Nessuno può pensare di proporre, in blocco, un referendum abrogativo sul programma di governo, perché il giudizio elettorale, in questo caso, non può che essere di carattere generale, riguardare i risultati ottenuti ed esprimersi in un appuntamento specifico come le elezioni politiche, confermando o bocciando la maggioranza in carica. Mi sembra del tutto normale, invece, proporlo quando si tratta di valutare l’attualità, la validità e l’efficienza delle Istituzioni o le proposte di mantenimento, di rafforzamento e di cambiamento di un assetto politico e istituzionale. Il referendum propositivo è lo strumento che consente al popolo di dire l’ultima parola e non implica il pericolo di svolte autoritarie e derive peroniste. Chi afferma che sarebbe un errore introdurlo perché significa vagheggiare regimi plebiscitari, dimentica di valutare il dato storico che al plebiscito ricorre sempre chi esercita il potere. Che convoca il popolo e lo invita a ratificare con un Sì o un No, ciò che ha già deciso.

Qualcosa di molto simile al plebiscito avviene con il referendum abrogativo sulle leggi ordinarie e con il referendum confermativo sulle leggi costituzionali, previsti negli articoli 75 e 138 della nostra Carta. I cittadini, infatti, possono confermare o no, una legge già approvata dal Palazzo, ma non possono mai scegliere, come noi si chiede, tra due ipotesi, per esempio tra una Repubblica presidenziale e una parlamentare. La filosofia di tipo plebiscitario, che sottosta i referendum abrogativi, si nota meglio esaminando da vicino l’articolo 138 della Carta, perché se è vero che i cittadini possono ricorrere al referendum per dire Sì o No alla legge costituzionale voluta dal Parlamento a maggioranza assoluta dei suoi membri (316 alla Camera, 116 al Senato), è altrettanto vero che gli elettori non possono farlo se le Camere approvano quella legge con la maggioranza dei due terzi (421 alla Camera, 211 al Senato) dei suoi membri.

La Costituzione, infatti, sancendo all’articolo 138, terzo comma, che ‘non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti’, intanto stabilisce che più accordo c’è tra i partiti in Parlamento meno libertà hanno i cittadini, quindi statuisce un’incomprensibile supremazia dei due terzi del Palazzo sul popolo sovrano, e infine trasforma deputati e senatori da rappresentanti del popolo sovrano in rappresentanti sovrani del popolo!I cittadini, in pratica, solo col referendum propositivo esercitano una vera scelta, perché non sono sottoposti alla possibilità secca di accettare o rifiutare. Insomma, la posizione del corpo elettorale, rispetto al referendum abrogativo di cui alla Costituzione, è la stessa di quella in cui versa il popolo, rispetto al plebiscito: la ratifica.

Il 9 maggio del 1989, il MSI ha presentato una proposta di legge costituzionale stilata dal sottoscritto, primo firmatario Fini, per lo svolgimento di un referendum consultivo formulando i seguenti quesiti: “Volete voi che i cittadini eleggano direttamente ogni cinque anni il Presidente della Repubblica? Volete voi che il Presidente della Repubblica nomini e revochi il Presidente del Consiglio e i singoli ministri? Volete voi l’introduzione del referendum deliberativo, ordinario e costituzionale, nella Costituzione della Repubblica? Volete voi l’introduzione del referendum consultivo nella Costituzione della Repubblica? Volete voi abolire l’articolo 138, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui vieta ai cittadini di ricorrere al referendum, quando una norma è approvata con la maggioranza dei due terzi di ciascuna Camera? …

“Per concludere. Una democrazia che vuole reggersi sul consenso degli elettori, è veramente tale se non nega ai cittadini l’esercizio di un atto che la legittima.

Sen. Mimmo Nania

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