Quell’errore di grammatica di Cateno

Redazione

Quell’errore di grammatica di Cateno

venerdì 15 Luglio 2022 - 09:45

Ventitré voti, compreso il suo. Così Cateno De Luca è stato eletto presidente del Consiglio comunale di Messina. Era un suo desiderio, ricoprirà il ruolo a tempo determinato, dice luci, fino a che non sarà eletto presidente della Regione Sicilia.

A Natale dovrebbe rassegnare le dimissioni per passare il testimone a Nello Pergolizzi, il campione messinese di cambia casacca politica, suo delfino e uomo, politicamente interessato a stargli vicino.

Ma torniamo a Cateno De Luca, l’uomo che sta sbaragliando il campo della politica messinese, lo farà anche in ambito regionale, e poi punterà dritto verso Roma, forse per “ridicolizzare” anche Mario Draghi. Con De Luca nulla può essere dato per scontato.

Cateno ha votato se stesso – ma c’era bisogno vista la maggioranza schiacciante? – in occasione del voto per la presidenza dell’aula. Il voto è segreto: ma se tanto mi dà tanto, 23 voti (20 della maggioranza), più tre dell’opposizione, è evidente che Cateno ha votato De Luca. O se volete De Luca ha votato Cateno.

La legge attribuisce al presidente del Consiglio comunale un ruolo delicato: ovvero si tratta del garante, arbitro imparziale. De Luca votando se stesso, con un gesto di cannibalismo politico, ha inteso marcare la sua elezione. Politicamente è un segnale inequivocabile, ma allo stesso tempo superfluo. Come dire, qui comando io. Ma la legge – e qui entriamo in un campo minato – parla chiaro. Ci sono anche sentenze dei Tribunali amministrativi (anche siciliani), che definiscono il recinto entro cui il presidente del Consiglio comunale deve muoversi. Garantire l’imparzialità è il principio cardine, la stessa che De Luca richiedeva a Claudio Cardile.

Cateno l’ha già violato questo principio.

Davide Gambale

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