Vinni a u' munnu: Martina Zuccarello e David Mastinu si raccontano…

Maria Antonella Saia

Vinni a u' munnu: Martina Zuccarello e David Mastinu si raccontano…

martedì 25 Dicembre 2018 - 09:00

Se alcuni spettacoli possiedono un’anima, altri  diventano addirittura emblema di coraggio. Questo  è il caso di Vinni a u’ munnu spettacolo scritto,  diretto e  interpretato da David Mastinu, andato in scena  la scorsa domenica 16 dicembre al Teatro Trifiletti, per la Stagione quiNteatro diretta dal regista Giuseppe Pollicina e organizzata da Tali Arti di Tania Alioto in collaborazione con  il Comune di Milazzo.  Al suo fianco un grandioso cast capitanato da una  spumeggiante Martina Zuccarello  attorno alla quale  gravitava l’eccellente bravura di  Gaspare Di Stefano, Silvia  Vallerani e Martina Parisi che hanno dato alla pièce quel tocco di suspense in più che non guasta mai, elemento caratterizzante del grande schermo. Uno spettacolo questo che punta l’accento sull’importanza di rialzarsi sempre, qualunque cosa succeda.
A fine spettacolo David Mastinu e Martina Zuccarello ci  hanno rilasciato una breve intervista.

Il suo personaggio  è molto complesso sia  dal punto di vista psicologico che da quello attoriale, per cui le chiedo in che modo si è preparata per questo spettacolo?
Martina Zuccarello: Dal momento  che l’argomento è la mia terra, se devo essere  sincera, non ho investito molto  in  studio e tecnica, ci sono andata giù d’istinto perché io non interpreto con tecnica, per cui ogni sera è diverso,  ogni replica è diversa e sento il peso di dover dare un messaggio immedesimandomi in vittime generiche; io non mi sento soltanto la moglie di una scorta,  io mi sento la sorella del poliziotto piuttosto che la proprietaria di un negozio sottoposta al pizzo perennemente; sento la disperazione che fa parte della mia terra. Quindi è un’evoluzione che mi appartiene in qualche modo, per cui la mia interpretazione è molto istintiva; quando faccio l’ultimo monologo  e parlo della  mafia in generale e delle sue  vittime io mi commuovo veramente, perché penso la disperazione di queste persone che sono andate avanti. E qui racconto di una donna che va avanti, e non è  da tutti andare avanti, e a me quest’idea del coraggio mi fa commuovere: le persone coraggiose  che vanno avanti nonostante tutto, nonostante gli ostacoli e le difficoltà, di qualsiasi natura essi siano, mi commuovono. La mia interpretazione è tutta di pancia; infatti, io finito lo spettacolo sono distrutta perché mi emoziono dietro la storia che conosco benissimo dato il numero imprecisato di  repliche andate in scena. Questo spettacolo  va avanti ormai da due anni eppure  ogni volta c’è un colore diverso. E’ tutto di pancia, la tecnica c’è nel modo in cui mi posiziono. Questo non è uno spettacolo tecnico, è molto reale; e se io facessi una cosa tecnica mi sentirei di prendere in giro il pubblico, il quale  se ne accorgerebbe. Non si sta recitando Shakespeare, qui si parla di persone che sono morte, persone che hanno sofferto e che si sono rialzate, quindi tradirei l’animo di tutte queste persone.
In questo spettacolo si parla di una donna coraggiosa, ma per Martina Zuccarello fin  dove può arrivare il coraggio di una donna?
Martina Zuccarello: E’ proprio una bella domanda, soprattutto se si pensa al periodo storico che stiamo vivendo, nel quale le donne sembrano essere tornate al  Medioevo.  Il coraggio è rialzarsi   nonostante il peso e anche se le gambe ti tremano, e non mi riferisco soltanto alle  situazioni tragiche.  Per me il coraggio  stato quello di prendere in mano la valigia e a diciassette anni andarmene a Roma  senza conoscere niente e nessuno, senza sapere che cosa aspettarmi. Questo è coraggio, io ho lasciato tutti, ho lasciato qui  la mia anima, ho tagliato questo cordone ombelicale per raggiungere un qualcosa che io ancora cerco. Il coraggio è quello di alzarsi tutti i giorni e dire “questo è ancora quello che voglio fare”, perché mi continua a mancare la mia famiglia, mi continua a mancare la mia terra  e proprio perché mi manca tutto questo e ho fatto questo grande passo devo conquistarmelo ogni giorno, e questo è coraggio nel mio piccolo, senza andare nelle cose tragiche. Il coraggio è anche interpretare questo ruolo perché puoi sbagliare, puoi non piacere e risultare ridicolo magari, questo non lo so; chi ha sofferto  veramente queste  si commuoverà,  non lo so, oppure risulterò ridicola, non so neppure questo; però io ogni volta che vado in scena faccio un respiro profondo e dico “Ok hai fatto questo, sei coraggiosa”. Tutto questo nel mio piccolo, poi se prendiamo l’argomento ad ampio raggio ci sono donne che sono  molto più coraggiose di me e hanno  situazioni più dure e toste, ma nel mio piccolo è questo per me il coraggio.
Questo spettacolo si presta bene alla versione cinematografica. Avete  intenzione di portarlo sul grande schermo?
Martina Zuccarello: Si,  ci stiamo pensando già un po’ proprio perché la struttura è molto cinematografica, sembra di vivere in un film,  perché ci sono tutti quei dialoghi volutamente accavallati per rendere il quotidiano più normale possibile. La sua realizzazione è un po’ tosta perché bisogna ambientarlo negli anni ’90 e non puoi sbagliare location né arredamenti, quindi c’è una bella ricerca dietro. Noi stiamo pensando  di proporla ad un produttore; abbiamo già adattato la sceneggiatura teatrale in scrittura cinematografica, e quindi se il destino vorrà e se qualcuno ci aiuterà sicuramente investiremo  anche in  questo.
Da cosa è scaturita l’idea di proporre quest’argomento?
David Mastinu: E’ scaturita dal fatto che non volevo parlare direttamente  di mafia,  ma di com’era la vita di quelle anime che vivevano all’interno di una situazione di mafia, in quei periodi molto pericolosi e fare emergere  due aspetti molto  importanti: il primo era la forza della donna e il coraggio di andare  avanti nonostante sia stata vittima di mafia, di portare avanti la famiglia, di lottare finché non ha trovato il mandante; in altre parole la tenacia della donna e in particolare della donna del Sud; l’altro canale che viaggia parallelo è quello d’indagare   chi fosse l’intermediario che giocava contemporaneamente per lo Stato e per la mafia. Questi sono i due canali che convivono  all’interno della vita  di coppia dove lui fa la scorta, lei l’ostetrica  e quindi all’interno della casa c’è questa tensione amplificata dal fatto che lei non accetta il lavoro del marito  perché sa benissimo che si tratta di un lavoro rischiosissimo; quindi ho voluto giocare un po’ sui discorsi umani all’interno di una situazione temporale della mafia, senza parlare esplicitamente né di mafiosi né di magistrati.  Ho voluto romanzare un po’ facendo riferimento ad alcuni nomi che sono stati vittime di mafia per far sì che venissero fuori questi due elementi dello spettacolo.
Qual è il futuro di questo spettacolo?
David Mastinu: Noi già siamo stati in vari  teatri del Lazio, poi siamo stati a Catania e in Calabria e ora siamo venuti qui a Milazzo, in questo bellissimo teatro dove co hanno ospitato veramente alla grande. Quello che ho detto sul  palco  lo penso veramente; Giuseppe Pollicina, Ivan Bertolami e l’intero staff sono stati  un’organizzazione impeccabile.