Il parere negativo della Corte dei Conti rallenta la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, ma si farà lo stesso. Il visto di legittimità dei magistrati contabili può essere superato attraverso la cosiddetta “registrazione con riserva”. In buona sostanza il governo può ricorrere ad una norma di legge specifica prevista dal legislatore per evitare di subire decisioni politiche e vendicative da parte della Corte dei Conti.
Del resto lo stesso ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini, lo ha dichiarato pubblicamente: “Andremo avanti con la realizzazione del Ponte”. Nessuno fermerà il governo nazionale per la realizzazione di una delle opere più imporranti della storia italiana.
Il parere contrario della Corte dei Conti ha solo rallentato la realizzazione di un progetto molto atteso in Sicilia e Calabria dal momento che vi è un interesse pubblico superiore rappresentato dalla necessità di realizzare un infrastruttura ritenuta strategica. Il governo nazionale può quindi dare esecuzione al provvedimento assumendosi la responsabilità politica della sua scelta. Peraltro voluta dalla maggioranza degli italiani.
Certamente, lo stop imposto dalla Corte dei Conti mette a nudo un problema che dal 1993 riguarda l’Italia. Le “toghe”, infatti, dallo scoppio di Tangentopoli “governano” il Paese con le proprie decisioni che spesso contrastano l’interesse della politica e quindi degli italiani.
Un problema mai risolto, ma che il governo-Meloni sta cercando di arginare con una seria ed efficace riforma della Giustizia. Le schermaglie dei magistrati rientrano quindi nell’alveo dello scontro fra poteri.
E la decisione della Corte dei Conti di “bocciare” il progetto del Ponte, al di là di alcuni aspetti superficiali, è la prova provata di come le “toghe” tentino di ingessare l’azione politica del governo.
D.G.

