L’Isola, storia di un settimanale messinese d’inchiesta

Redazione

L’Isola, storia di un settimanale messinese d’inchiesta

lunedì 20 Ottobre 2025 - 08:28

Al Dipartimento di Scienze politiche e giuridiche dell’Università degli Studi di Messina, si è svolta una interessante conferenza dedicata alla storia del settimanale L’Isola, giornale stampato a Messina dal 1993 al 1997. Ospite della cattedra di Storia delle dottrine politiche è stato quello che fu allora il primo direttore del settimanale, Giuseppe Ramires. Nel suo intervento ha raccontato, con passione e sincerità, come, in quegli anni, la città di Messina, definita “babba”, avesse invece vissuto  un intreccio pericoloso tra potere politico, borghesia e criminalità, un sistema che puntava a controllare ogni forma di influenza: dagli appalti alle assunzioni pubbliche, fino ai voti.

Una delle copertine del settimanale L’Isola

Il convegno si è aperto con l’intervento del professore Dario Caroniti, che ha presentato Giuseppe Ramires, ripercorrendone la carriera e le battaglie giornalistiche. Egli ha ricordato come, nelle sue inchieste, Ramires avesse affrontato temi scomodi, indagando sui legami tra la politica messinese e alcuni esponenti dei oartitidi governo, ma anche di apparente opposizione, che, tra I vari “illeciti”, favorivano anche  assunzioni senza concorso per garantirsi il controllo dell’elettorato. Un sistema distorto che premiava la fedeltà politica invece del merito e che rappresentava perfettamente il clima dell’epoca.

Durante il suo intervento, Ramires ha ricordato anche il clima di paura e silenzio che caratterizzava quegli anni, quando denunciare significava mettere a rischio la propria vita. Ha parlato delle morti violente, degli attentati contro magistrati, avvocati e docenti universitari, della corruzione che arrivava persino dentro la magistratura. Grazie al coraggio di alcuni esponenti e alla pressione esercitata dai giornalisti, questo sistema riuscì, almeno in parte, a essere scardinato.

La storia di Ramires comincia con il suo ruolo di direttore del telegiornale “Teletime”, con cui portò per la prima volta in TV le sue inchieste sulla politica messinese, senza paura di sfidare i poteri forti. Successivamente, grazie alla proposta dell’editore, Giovanni D’Andrea, nacque il settimanale “L’Isola”, che raggiunse un grande successo, arrivò a vendere circa 6.000 copie, grazie al’inchiesta dedicata alla massoneria, un record per l’epoca. In quell’occasione, con l’aiuto dei redattori Antonio Mazzeo e Antonio Siracusano, il giornale riuscì a pubblicare i nomi dei massoni appartenenti alle diverse logge presenti a Messina: imprenditori, politici, professori e figure di spicco della borghesia cittadina, ma nessuno magistrato o giornalista, a testimonianza del fatto che quegli elenchi erano comunque parziali. Questo gesto di trasparenza ebbe un impatto enorme e contribuì a fare luce su un sistema che operava nell’ombra.

Ramires ha aperto il suo intervento citando una frase tratta dal film “The Post” di Steven Spielberg: “La stampa deve essere al servizio dei governati e non dei governatori”. Una frase che racchiude la sua visione del giornalismo come strumento di verità e di libertà. Ha poi raccontato le difficoltà incontrate nel reperire informazioni e le numerose denunce subite  al giornale: alcune direttamente archiviate, altre finite a processo, senza mai una condanna. Nonostante tutto, “L’Isola” ha continuato a raccontare la realtà senza piegarsi ai poteri forti.

Ramires ha concluso il suo intervento ricordando che Messina non era una città “babba”, ma piuttosto una città silenziosa, dove tutto accadeva lontano dai riflettori. Le uccisioni, i conflitti tra boss per il controllo del territorio e delle infrastrutture,  e la rete di relazioni tra politica, borghesia e mafia lo dimostrano. Il suo racconto è stato un invito alla memoria e al coraggio, a non dimenticare e a non smettere mai di cercare la verità.

La conferenza si è chiusa con una riflessione. Il clima a Messina negli ultimi anni è decisamente cambiato. Se non altro, la violenza della criminalità organizzata degli anni Novanta è solo un ricordo. Non bisogna però illudersi che la quiete sia sinonimo di legalità. Meno trambusti ci sono, più facile è gestire i propri affari. È sempre necessario che il potere sia limitato e denunciato nelle sue devianze da un giornalismo sempre libero e coraggioso.

Concetta Costa

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