Ponte. L’esproprio per pubblica utilità: una scelta difficile ma necessaria per il bene comune

Giuseppe Palamara

Ponte. L’esproprio per pubblica utilità: una scelta difficile ma necessaria per il bene comune

sabato 05 Luglio 2025 - 09:34

Gli espropri per il Ponte sullo Stretto

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Parlare di esproprio non è mai facile, soprattutto quando si tratta di abitazioni, luoghi della vita quotidiana, della memoria e degli affetti. È comprensibile che i cittadini coinvolti nel processo di realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina provino preoccupazione, dispiacere o anche rabbia. Ed è giusto che ogni voce sia ascoltata con rispetto. Ma è altrettanto doveroso spiegare, con chiarezza e con onestà, che l’esproprio per pubblica utilità è uno strumento antico quanto la storia stessa dello Stato moderno, previsto e regolato da leggi molto precise che pongono sempre al centro l’interesse collettivo, senza mai dimenticare i diritti individuali.

Una norma chiara a tutela dell’interesse pubblico

Il riferimento normativo è il Testo Unico sugli Espropri (D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), che disciplina in modo organico tutta la materia. Secondo l’art. 1 del testo unico:

“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti, al fine di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.”

L’espropriazione è ammessa solo per motivi di pubblica utilità, cioè quando è indispensabile per realizzare un’opera che produce vantaggi per l’intera collettività: un’autostrada, una ferrovia, un ospedale, oppure – come nel nostro caso – un ponte che unisce due aree fondamentali del Paese e collega simbolicamente e concretamente l’Europa con l’Africa.

È importante sapere che l’opposizione giudiziaria al provvedimento espropriativo non può bloccare né ritardare l’inizio delle opere. Il cittadino può tuttavia contestare l’ammontare dell’indennità offerta, ricorrendo al TAR o al giudice ordinario, come previsto dagli articoli 20 e 54 del Testo Unico. Ma la legittimità dell’opera e la sua necessità non sono rimesse al singolo: sarebbe impensabile, infatti, che un progetto di interesse strategico nazionale possa essere arrestato da una sola proprietà privata.

Il caso del complesso Margi: una realtà da guardare con equilibrio

Il quartiere interessato dalle demolizioni sul versante messinese – in particolare la zona del complesso Margi – è al centro di molte discussioni. È doveroso specificare che non si tratta del noto residence con piscina che compare in alcune immagini circolate, ma di edifici adiacenti, la cui origine edilizia risale a tempi in cui le regole urbanistiche erano ben diverse da quelle odierne.

I dati forniti dalla società Stretto di Messina parlano chiaro: oltre il 57% delle abitazioni coinvolte risultano essere seconde case. In alcuni casi, è probabile che locali accatastati originariamente come depositi (categoria C7) o mansarde (C2) siano stati, nel tempo, trasformati in unità abitative (A2) senza il necessario aggiornamento catastale. Ciò potrebbe aver determinato un minore versamento di tributi, in particolare dell’IMU, con un evidente danno alle casse pubbliche. Chi ha beneficiato di questa condizione – magari per decenni – oggi pretende comunque una indennità di esproprio calcolata al massimo valore possibile, secondo le quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI).

È legittimo voler tutelare i propri interessi economici, ma è altrettanto importante ricordare che la volontaria cessione dell’immobile – con un incremento del 15% sull’indennità base e un bonus una tantum di 30.000/40.000 euro a titolo di ristoro per le spese di trasloco – rappresenta spesso un accordo equo e vantaggioso per tutti. Coloro che scelgono la via del ricorso rischiano di rinunciare a questi benefici, con tempi più lunghi e risultati non garantiti.

Un sacrificio per il futuro di tutti

L’esproprio è senza dubbio un momento traumatico per chi deve lasciare la propria casa. Nessuno lo nega. Ma è uno strumento fondamentale per la crescita di un Paese, perché consente di superare gli egoismi individuali e realizzare opere strategiche che generano sviluppo, lavoro, commercio, turismo. Un ponte che collega Sicilia e Calabria non è solo acciaio e cemento: è opportunità di riscatto per un intero territorio, è mobilità efficiente, è ambiente più pulito grazie al trasporto ferroviario elettrificato.

Come cittadini, abbiamo il dovere di guardare anche oltre il nostro giardino. Una democrazia matura non si misura soltanto nel diritto a protestare, ma anche nella capacità di comprendere il valore delle decisioni collettive. E se davvero l’interesse generale viene prima di quello particolare, allora – pur con tutto il rispetto per chi oggi deve fare un passo indietro – non possiamo che augurarci che quel sacrificio, compensato e riconosciuto, sia vissuto come parte di un progetto più grande.

A buon intenditor, poche parole. E, permetteteci di dirlo, non tutti i “danneggiati” fanno poi così pena come qualcuno vorrebbe far credere. Anzi… tanti di noi, al loro posto, avrebbero accettato volentieri. Con dignità, e con visione.

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