La prof. Spatari è la prima donna rettore di Unime, ma occhio alle fallacie logiche

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La prof. Spatari è la prima donna rettore di Unime, ma occhio alle fallacie logiche

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mercoledì 29 Novembre 2023 - 13:00

L’elezione della professoressa Giovanna Spatari quale nuova rettrice dell’Università di Messina è stata accolta con un certo clamore mediatico per via di un fattore particolare. La professoressa Spatari, infatti, sarà la prima donna a Messina e in Sicilia a ricoprire il ruolo apicale all’interno di un ateneo. Guardando all’Università di Messina, in particolare, la professoressa Spatari sarà la prima donna a indossare l’ermellino dopo 475 anni dalla fondazione dell’Ateneo peloritano. Di per sé si tratta di una grande notizia, letteralmente un evento storico, ed è giusto pertanto che se ne parli.

L’entusiasmo per una notizia del genere, però, rischia di offuscare un aspetto altrettanto importante, quello politico, quello secondo cui la comunità accademica messinese sia risultata letteralmente spaccata in due come una mela, preferendo per pochissimi punti percentuali la candidata di continuità con l’amministrazione uscente, quella del professor Salvatore Cuzzocrea. Al riguardo, non bisogna cadere nella fallacia logica di valutare in anticipo come positivo l’operato di questa amministrazione solo perché guidata da una donna. Sotto questo punto di vista, soltanto i prossimi sei anni ci diranno se effettivamente la professoressa Spatari sarà stata o meno una docente all’altezza del ruolo che ricopre.

Al netto delle scadenze “tecniche”, come l’approvazione del bilancio di fine anno, nell’immediato la professoressa Spatari dovrà affrontare due aspetti cruciali. Il primo è quello del rilancio dell’immagine dell’Ateneo peloritano, fortemente compromessa dopo il caso rimborsi che ha visto quale protagonista l’ex rettore Salvatore Cuzzocrea, al punto tale da essersi dimesso dalla carica di rettore dell’Università di Messina e di presidente della società dei rettori delle Università italiane (la CRUI) dopo che il caso in questione ha ricevuto un’attenzione nazionale, sia dai giornali che dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Posto che su quanto accaduto, sull’attribuzione di eventuali responsabilità indagheranno le autorità competenti, non si può negare che l’immagine dell’Università di Messina sia stata fortemente compromessa da una tale vicenda.

Il secondo aspetto è quello di ricucire lo strappo con l’altra metà della comunità accademica, quella che aveva dato la fiducia al candidato di rottura rispetto all’amministrazione uscente, il prof. Michele Limosani. La vittoria della professoressa Spatari, infatti, è avvenuta con appena il 53% delle preferenze espresse. La nuova rettrice, pertanto, dovrà convincere non solo con le parole ma anche con i fatti il rimanente 47% di essere davvero la rettrice di tutti e non solo di coloro i quali l’hanno sostenuta. A tal riguardo, risulta emblematico un passaggio degli auguri di rito del segretario della Uil Messina, Ivan Tripodi, che ha affermato: “L’Ateneo di Messina deve essere “ricostruito” e vi è l’assoluta necessità di trasmettere tangibili elementi caratterizzati da forte rottura e discontinuità con il recentissimo passato in un’ottica di pieno rispetto dei valori della legalità e della trasparenza”.

Per concludere, a scanso di ogni equivoco, vale la pena sottolineare quanto segue: viviamo in una società in cui il sistema di potere ruota prevalentemente attorno all’uomo? Sì. È giusto che più donne ricoprano ruoli apicali nelle istituzioni? Ovviamente. Siamo felici quando si verificano eventi storici in cui certe donne sono le prime donne a ricoprire un ruolo importante all’interno della nostra società? No, di più: siamo entusiasti. Sull’efficacia dell’azione di governo, però, il genere di appartenenza non ha un impatto significativo affermerebbero i ricercatori, su questo aspetto soltanto la storia ci saprà dire se la professoressa Spatari sarà in grado di ricoprire egregiamente il più importante ruolo nella massima istituzione culturale della città. Nell’attesa dei prossimi sei anni, però, non possiamo che farle gli auguri di buon lavoro.

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