Il dato fa impressione. L’emorragia non si arresta: i giovani lasciano Messina con un ritmo spaventoso. In dieci anni quasi 35mila giovani (età compresa fra 18 e 39 anni), hanno chiuso con Messina, città matrigna.
Il sole, il cibo, gli affetti e le chiacchiere della politica non hanno avuto l’effetto di trattenere i “figli” di una città che adesso rischia lo spopolamento.
Il dato dell’Istat non lascia spazio a giustificazioni di sorta ed è un richiamo fortissimo alla politica cittadina. Non c’è più l’alibi di “quelli che c’erano prima”, gli ultimi dieci anni (tre amministrazioni Accorinti-De Luca e Basile), hanno fatto registrare un flusso continuo di migrazioni verso il Nord. Fra il 2012 e il 2021 sono stati 35mila i giovani che hanno deciso di abbandonare la propria città, alla ricerca di un lavoro e, soprattutto, di una qualità della vita migliore.

Del resto, Messina si contraddistingue non solo per l’arretratezza economica ma anche per la sua continua stagnazione negli ultimi posti delle classifiche per “qualità della vita”. Due elementi di sostanza che spingono i ragazzi a chiudere con la propria città per formarsi la famiglia lontano dalla propria terra.

La politica non può continuare a voltarsi dall’altra parte di fronte ad un flusso migratorio che, alla lunga, porterà Messina allo spopolamento. Federico Basile di colpe ne ha poche (per ora), dal momento che è sindaco da meno di un anno, ma i suoi predecessori (Accorinti e De Luca), alla luce dei numeri dell’ISTAT, di sicuro non possono chiamarsi fuori dalle proprie responsabilità perché evidentemente non sono riusciti a bloccare con le rispettive politiche quella preoccupante emorragia.
Le cause
La mancanza di lavoro è certamente una delle cause principali dello spopolamento di Messina. Il tessuto economico più che essere drenato da scelte politiche sensate è stato costantemente depauperato. Il settore trainante è il Terziario, rappresentato dal commercio. Un settore messo in ginocchio da una visione politica strabica. Basti pensare che da più di dieci anni si parla di “Isole pedonali” e nessuna delle ultime tre amministrazioni è stata in grado di proporne una di senso compiuto. Solo sperimentazioni e marce indietro di fronte ai lamenti di alcuni. La mancanza di una seria programmazione politica sta determinando un cataclisma socio-demografico.

A ciò si aggiunga la qualità della vita bassissima, con servizi scadenti (a tutti i livelli), traffico veicolare impazzito, infrastrutture scadenti, mancanza di spazi ricreativi, strutture sportive e svaghi in genere.
Come invertire la rotta
Il 2019 è stato, come si dice, un “annus horribilis”, con 4.243 giovani messinesi in fuga dalla propria città. Cateno De Luca era sindaco da un anno e mezzo, ma è evidente che il numero spaventoso di migrazioni è da attribuire ai precedenti cinque anni a guida Accorinti. Non è andata meglio gli anni successivi con una media di 3.400 partenze.
L’Istat ancora non ha reso disponibile i numeri del 2022, ma è evidente che il dato non si discosterà più di tanto da quelli precedenti. Continuando di questo passo lo scenario che si staglia è drammatico. Messina si proietta a diventare una città di anziani e ne giro di un trentennio rischia lo spopolamento. Scenario apocalittico, è vero, ma possibile se non si invertirà la rotta.
Che fare allora? Intanto, l’amministrazione dovrebbe affrontare di petto il problema e non fare finta che non esista, dimostrando di avere quella famosissima “visione” di cui tanti politici si riempiono solo la bocca.
In secondo luogo, affrontare il tema del rilancio economico del Terziario, mettendo sul tavolo politiche condivise con le associazioni di categoria per consentire al commercio di riprendersi con iniziative che consentano di rendere fertile un terreno ormai arido. Inoltre, scandagliare le grandi offerte provenienti dall’Europa con finanziamenti ad hoc non sarebbe un’idea malsana. Ma non c’è da perdere ulteriore tempo.
Davide Gambale

