L'ultimo romito, l'ecumenismo incompiuto…

Redazione

L'ultimo romito, l'ecumenismo incompiuto…

domenica 28 Febbraio 2021 - 08:13

È il titolo di un libro disponibile sul sito della Casa Editrice (www.Lithos.biz € 15) che Diego Celi, Enzo Basso e Pino Privitera hanno scritto. Conosco personalmente gli autori e mi ha incuriosito il fatto che, personaggi così diversi per esperienza professionale e laici, abbiano trattato un tema affascinante anche se poco mediatico. Leggendo il saggio si viene colpiti dallo stile della scrittura e dai temi trattati.

Trattare un tema storico/religioso/umano da laici è come camminare lungo una strada di montagna…. Se non la conosci bene rischi di farti male. Invece la vostra cordata sembra approfittare di uno status laico di diversa origine per meglio indagare/curiosare/descrivere e alla fine voler far conoscere una storia che potrebbe sembrare trentennale, ma alla fine pare affondare le radici mille anni fa…

“Conoscere la storia di Padre Alessio Mandanikiotis, epigono del monachesimo italo-greco, è un privilegio culturale. Il monaco ha fatto nascere in noi suggestione e ammirazione. La sua vicenda umana e religiosa ci ha evocato Ulisse, eroe delle sfide ed eponimo di conoscenza. Abbiamo voluto approfondire la nostra storia millenaria di cui il romito è apostolo”.

Nel libro sembra emergere un’altra questio: quando si parla di meridione d’Italia e di Sicilia in particolare, si pensa facilmente alla magna Grecia, agli arabi, ai normanni e a tutte le dominazioni che si sono susseguite fino alla invasione dei mille di Garibaldi, difficilmente la nostra memoria rammenta di santi italo greci che hanno evangelizzato la Sicilia, di bizantini e/o chiese bizantine che hanno caratterizzato i nostri luoghi e la nostra cultura; guardiamo Monreale, Cefalù, la cappella palatina e pensiamo ai normanni; Nella chiesa di S.Pietro e Paolo d’Agrò pascolavano le pecore; molti dei nostri luoghi di culto hanno addirittura cambiato il nome per non far riferimento al periodo bizantino; addirittura molti messinesi confondono l’antico monastero del SS Salvatore con la chiesa del SavioSi tratta di una damnatio memoriae? 

Il periodo della dominazione bizantina in Sicilia rimane tra i meno indagati, quasi sempre trascurato nei libri di storia. Eppure dopo la caduta dell’impero romano, e la parentesi del dominio dei Vandali e dei Goti sulla Sicilia, furono i bizantini con la loro cultura, l’organizzazione amministrativa, la tradizione religiosa di rito greco ed anche con la presenza dei loro eserciti ad assicurare alcuni secoli di relativa tranquillità all’isola.

Gli eventi del periodo compreso tra il 535, con lo sbarco del generale  Belisario, fino alla completa caduta della Sicilia in mano araba, con la presa di Rometta del 967, sono direttamente legati con l’impero di Costantinopoli. La storiografia si occupa largamente della Sicilia araba, poi normanna e sveva-aragonese; in realtà furono i bizantini a riportare l’isola nell’ambito della nuova romanità greco-bizantina che Costantinopoli  rappresentò  per quasi mille anni. La Sicilia divenne la provincia privilegiata dell’impero e in questa considerazione divenne meta prediletta di migliaia di monaci e di eremiti che diedero luogo ad una eccezionale fioritura di  santi. Di essi, il  culto  sopravvive ancora oggi in molti centri, ma con modeste cognizioni circa l’origine.

Certo dopo l’avvento dei principi normanni la chiesa di Roma si adoperò in maniera decisa per il ritorno sotto il proprio controllo delle strutture religiose, anche dei monasteri  e per il graduale abbandono del rito greco.

Sono spesso i piccoli centri, spesso isolati,  a conservare i resti più importanti della civiltà bizantina. I monaci che dopo qualche tempo seguirono Belisario prediligevano i luoghi impervi, erano amanti della ruralità, del silenzio. Dalla Val d’Agrò, ai Nebrodi, a questa parte del messinese, i primi insediamenti furono eremi, grotte e il modo di vivere spartano, austero e rigoroso dei monaci seppe conquistare la fiducia delle sparute popolazioni che le popolavano Santa Lucia del Mela, Milazzo, Condrò, San Pier Niceto, Roccavaldina, Monforte e Rometta ne recano segni  evidenti. Trattasi qualche volta di  importanti vestigia,  spesso di termini e toponomastica, altre volte di  culto e tradizioni religiose che rimandano a questo fondamentale periodo della millenaria storia della nostra isola”.  

Nel libro si parla di “ecumenismo incompiuto”, ma non vi sembra troppo semplicistico paragonare un problema millenario con la storia di un uomo, pur se religioso…

“L’ecumenismo incompiuto riteniamo sia evidente in questa storia. Non abbiamo la pretesa o la competenza di ricucire gli scismi. Siamo convinti, tuttavia, conoscendo la storia di Padre Alessio, di potere affermare che l’ultimo (almeno nel nostro territorio) apostolo del cristianesimo ortodosso debba essere trattato con garbo, oseremmo dire accudito e non ostacolato o peggio osteggiato. La storia di un uomo può essere la storia di un popolo: il libro racconta questo”.

Ho provato a scrivere “Padre Alessio Mandanikiotis” su un motore di ricerca della rete, escono fuori i più svariati risultati: oltre a diversi video e scritti prettamente religiosi si trovano report di scolaresche in visita all’eremo, di convegni di studi storico/religiosi dove è stato relatore, di televisioni straniere che hanno fatto documentari, di chierici in visita dall’Alaska, dalla Grecia, da tutta l’Italia, e perfino commenti di extracomunitari arrivati con i barconi che hanno trovato accoglienza all’eremo della Candelora… ma è un “romito” oppure  cosa?

“Pensare che romito sia ‘uomo delle caverne o fuori dal tempo’ non è corretto, i monaci bizantini sono vissuti sempre a contatto con la gente, il loro apostolato si realizzava fra le persone. Susanna Valpreda, autrice che ha scritto libri molto interessanti sul bizantinismo in Sicilia, nella postfazione di questo testo a proposito di Padre Alessio afferma: “La cultura di quest’uomo è immensa, ma egli non è saccente. Le nozioni che trasmette sono tante, ma lo fa con naturalezza, usando perfino termini contemporanei da rendere il suo insegnamento agile e mai monotono e dal farmi utopisticamente desiderare che si dedichi alla divulgazione di massa”.

Mi permetta una curiosità… mi chiedo se affrontare una così particolare tematica ha cambiato qualcosa nella sua vita…

“Uno di noi non è credente. Ma anche chi si professa ateo non può non porsi delle domande. Chi siamo? Dove andiamo? Chi sono gli altri per noi? Qual’è lo scopo dell’esistere? L’incontro con il monaco, qualunque sia il nostro credo, pone queste domande”.

Ho concluso proprio ieri di leggere in anteprima il testo. Appena girata l’ultima pagina mi sono chiesto: bene….. e adesso? Cosa succede?Padre Alessio diventerà un fenomeno da baraccone? Aumenteranno i turisti a Santa Lucia del Mela? O fra un mese ci saremo dimenticati di tutto.

“Viviamo in una società che brucia tutto, ci dimenticheremo anche della pandemia in corso, ma se vogliamo riflettere e conoscere le nostre radici siamo convinti che figure come quella di Padre Alessio Mandanikiotis lascino segni profondi. Scrive Raffaele Mancuda, storico e docente universitario, nella prefazione: “La sua ostinazione, il suo volere essere monaco greco ed eremita dice, invece, interamente e senza alcun infingimento, la pazzia del cristiano: quella follia che già Erasmo da Rotterdam indicava come santa e vera essenza della fede”.

Davide Gambale