Nuovo dpcm, "Caro Conte siamo stanchi, ridateci la nostra vita"

La nuova stretta sulle libertà personali dovuta al nuovo dpcm sta generando e genererà, come prevedibile, dei malumori tra la popolazione. Riportiamo qui di seguito una lettera-sfogo di una nostra lettrice indirizzata al premier Giuseppe Conte, nella quale contesta di sentirsi abbandonata dallo Stato e chiede di riavere indietro la vita di un tempo.
“Caro presidente, Le scrivo perchè mi sento abbandonata da quello che è lo Stato, da chi ci dovrebbe tutelare.
“Mi sento abbandonata perché io sono prima di tutto Italiana e quindi oggi sono una delle proprietarie di un’attività che a causa di queste normative probabilmente chiuderà la saracinesca per sempre perché non si riescono più a gestire i costi in uscita dal momento che il lavoro è calato drasticamente.
“Oggi sono una di quei dipendenti che viene mandata a casa perché diventa difficile pagare uno stipendio in questo momento. Oggi sono una mamma e un papà che non riesce a sfamare i propri figli e non viene aiutato dallo Stato. Oggi sono una di quelle in cassa integrazione che spesso bisognava aspettare 2 o 3 mesi prima di percepirla. Allora io Le chiedo se è davvero giusto tutto questo. Ma la risposta credo possa essere soltanto no.
“Questo “virus” ci sta uccidendo e non a livello fisico. Questo “virus” ci sta uccidendo dentro. Sta uccidendo le nostre vite. Sta intaccando il nostro lavoro, le nostre famiglie e la nostra libertà. E non abbiamo nessuno che riesca a curarci e a prendersi cura di noi. Al contrario stiamo cadendo giù, in picchiata fino a schiantarci. E mentre voi studiate per cosa sia giusto fare, noi dobbiamo lottare per ottenere una visita perché ad oggi è più importante il virus che poter prevenire una malattia che possa essere grave o meno.
“Noi qui siamo stanchi di lottare. State spegnendo i nostri sogni, le nostre speranze. State spegnendo il nostro futuro. Questa è una guerra invisibile e solo chi è il più intelligente, non il più forte, vincerà.
“Ma poi questo virus è così burlone? Non esistono fasce orarie in cui ci si può infettare di più. Non esistono vie e piazze principali dove si rischia di più rispetto ad un’altra. Non è il caffè preso, alzati, al bar fino alle 18.00, piuttosto che il cocktail preso dopo la mezzanotte a determinare un contagio. Non è la palestra o la piscina.
“Tutto questo sta alla coscienza e al senso civico di ognuno di noi. Ma non sono queste strette che porteranno a un risultato, bensì solo ad un ulteriore fallimento di un paese intero. Come sempre, nella storia, saremo noi cittadini a pagarne le conseguenze. Come sempre siamo noi le vittime indiscusse. Ridateci tutto quello che ci appartiene, ridateci la spensieratezza. Ma sopratutto, ridateci la nostra vita”.

Maria Gualniera

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