“Chiamateci i nuovi poveri. Siamo diventati poveri perché lo Stato ha deciso di chiuderci i locali”.
Lino Santoro Amante, contitolare dello storico ritrovo “Santoro” di piazza Cairoli, un locale con oltre centodieci anni di storia, è responsabile territoriale dell’associazione datoriale PmiSicilia, e avverte adesso che si avvicina la riapertura dei negozi, che il vero pericolo per i commercianti deve ancora arrivare.
A maggio inizia la fase 2, non è certo quando apriranno bar e ristoranti ma la data si avvicina….
“Le informazioni che ci arrivano dicono questo ma non c’è ancora nulla di ufficiale. La nostra categoria è stata certamente quella maggiormente penalizzata dai vari Dpcm, adesso abbiamo il problema della riapertura, non si sa come e se mai riapriremo”.
Cosa intende dire, perché se mai apriremo…
“Guardi, bene che vada nel giorno in cui riusciremo ad alzare le serrande dei locali siamo sotto di 20/25 mila euro. Affitti, luce, acqua, tasse nazionali e locali, oltre ai fornitori da pagare. Mi sono tenuto stretto, quindi. Siamo con il cappio al collo, sento colleghi che sono sul punto di gettare la spugna. Passo ogni giorno dal mio locale e mi piange il cuore vedere quella piazza vuota. Penso ai sacrifici della mia famiglia che ha fatto la storia a Messina e adesso siamo a rischio per colpa della pandemia e dello Stato”.
Sulla pandemia siamo d’accordo, sullo Stato che ha da aggiungere?
“Come tutti gli imprenditori mi sono rivolto alla mia banca per accedere al finanziamento e sono dovuto scappare perché mi sono stati chiesti così tanti documenti che è impossibile accedere in tempi brevi a questa linea di credito. Addirittura la banca mi ha chiesto di rientrare dello scoperto di 40 euro. Ma si rende conto? Qualche mio collega ha riferito che la banca ha chiesto anche il Durc. Lo Stato ha messo sul piatto le garanzie, ma tecnicamente, parlo di Messina, saranno poche le aziende che potranno avere quei soldi perché ti trattano come se dovessi avere un normalissimo prestito. E poi non parliamo della Cassaintegrazione in deroga perché i miei dipendenti non hanno ancora visto un solo euro. Non capisco tutti questi ritardi ma questo non è possibile a distanza di quasi due mesi dall’emergenza Covid”.
E le amministrazione locali e regionali?
“La Regione ancora non mi pare abbia fatto niente per sostenere le imprese, per il Comune aspettiamo l’esito di un incontro che avremo con il sindaco per capire che tipo di aiuto potrà dare l’amministrazione comunale alle imprese. Per quanto riguarda bar, ristoranti e pizzerie chiedo a De Luca di darci la possibilità di utilizzare gratuitamente gli spazi esterni per rispettare le norme sullo stanziamento sociale”.
L’economia di Messina si regge sul commercio, che ne sarà della città se in molti getteranno la spugna?
“Lo chieda ai nostri governanti. Da responsabile provinciale di PmiSicilia sto raccogliendo le grida di dolore dei miei colleghi. L’altro ieri mi sono trovato in una situazione imbarazzante. Faccio volontariato e sono andato a consegnare i pasti caldi ad una famiglia in difficoltà. Quando ho suonato alla porta ho capito di chi si trattava: era un collega. Ho lasciato i pasti dietro la porta e sono andato via di corsa perché non riuscivo a trattenere le lacrime. Non mi vergogno a dirlo”.
Che fare allora, ha qualche idea?
“Non voglio essere frainteso, ma secondo me sono maturi i tempi per una protesta significativa a Roma. Le Partite Iva già erano in sofferenza prima, ma adesso sono al collasso. Non vedo altra strada se non quella di fare toccare con mano a chi ci governa la nostra situazione”.

