Osservatorio Banche, la Sicilia crescerà dello 0,6 per cento

Redazione

Osservatorio Banche, la Sicilia crescerà dello 0,6 per cento

martedì 19 Marzo 2019 - 17:01

In Sicilia, tra il 2019 e il 2023, crescerà dello 0,6% all’anno il valore aggiunto e dello 0,5% l’occupazione, in linea con le performance del Mezzogiorno dove, per entrambi gli indicatori, si prevede un +0,6%. A dirlo, le stime del rapporto dell’Osservatorio Banche e Imprese di Economia e Finanza su tutte le province meridionali presentato in Senato. Nel dettaglio, saranno Calabria, Campania e Sardegna a registrare la crescita annua maggiore del valore aggiunto (+0,7%) e Basilicata e Calabria quella dell’occupazione (+0,8%) (Fonte: stime OBI elaborate sulla base di dati disponibili a ottobre 2018). A livello territoriale, sarà quello di Palemo a crescere mediamente di più nei cinque anni dal punto di vista del valore aggiunto (+0,9%), seguito dalle province di Catania e Ragusa (+0,7%), Enna (+0,6%), Caltanissetta (+0,3%), Messina, Siracusa e Trapani (+0,2%) e Agrigento con una crescita nulla. Nel Mezzogiorno sarà Matera la provincia a crescere di più (dell’1,4%), grazie ai benefici derivanti dalla sua designazione a Capitale Europea della Cultura, seguita proprio da Crotone. A livello occupazionale, è sempre Palermo a guidare la classifica con +0,9%, seguita dalle province di Catania e Messina (+0,5%), Trapani (+0,4%), Enna e Ragusa (+0,3%), Agrigento e Caltanissetta (+0,1%) e Siracusa con variazione nulla.

A livello di macro-area continuerà a scendere il contributo del Mezzogiorno all’economia italiana; se nel 2000 il 24,7% del valore aggiunto nazionale era prodotto nelle regioni del Sud Italia, nel 2018 questo contributo si è fermato al 22,8% con una stima per il 2023 fissata al 22,6%. Un crollo di oltre due punti percentuali in 20 anni, causa, ma anche effetto, delle negative dinamiche socioeconomiche registrate nel Mezzogiorno in questi anni, tra le quali il calo dell’occupazione (dal 46,3% del 2004 al 44,5% del 2018) e la crescente migrazione di giovani del Sud (negli ultimi 16 anni quasi 600.000).

“Il divario tra l’economia del Nord e quella del Sud che emerge dal rapporto – dichiara Salvatore Matarrese presidente dell’OBI – è destinato a crescere poiché, da sempre, le crisi impattano maggiormente sull’economia più debole del Paese, il Mezzogiorno, mentre le fasi di crescita premiano di più il Centro-Nord Italia. In un contesto economico così sperequato, la realizzazione delle autonomie regionali rafforzate avrebbe un impatto devastante, disgregando il Paese e lasciando la parte più debole senza futuro. Piuttosto, visto che tutte le politiche adottate finora per ridurre il gap sono risultate inefficaci, si cambi logica e passo: il Sud va posto al centro degli obiettivi economici dell’Italia, attuando un programma coordinato ed integrato di investimenti con un’unica cabina di regia, che potrebbe essere l’Agenzia di Coesione. Alla luce degli ultimi pessimi dati sulla spesa delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, meno del 5% a due anni dalla scadenza del programma, si conduca una ricognizione su tutti i finanziamenti stanziati e disponibili per le infrastrutture nel Mezzogiorno per sbloccarli e attuarli con leggi speciali, come già fatto al Nord per altre opere”.

Infatti, il rapporto evidenzia il gap che continua ad allargarsi tra le regioni del Nord e quelle del Sud, sia nei periodi di crescita che in quelli di crisi: le previsioni dell’Osservatorio per il periodo 2019-2023, infatti, fissano la crescita media annua del valore aggiunto italiano allo 0,8%, con il Nord Est a +0,8%, Nord Ovest +0,7%, Centro +0,9% e Sud fanalino di coda con +0,6%. Analoga dinamica negativa fu registrata per il Mezzogiorno nel periodo di crisi 2008-2013 quando fece registrare un calo medio annuo del valore aggiunto del 2% (a fronte del -1% del Nord Ovest, -1,1% del Nord Est e -1,5%, del Centro) e in quello della successiva ripresa dal 2014 al 2018 con una crescita media annua dello 0,7% (contro il +1,1% del Nord Est, il +0,9% del Nord Ovest e il +0,8% del Centro).