Casa Serena, l'urlo di 13 lavoratori: "Il Comune si è dimenticato di noi"

Redazione

Casa Serena, l'urlo di 13 lavoratori: "Il Comune si è dimenticato di noi"

mercoledì 07 Marzo 2018 - 17:09

Quattro anni di speranze e di attese, ma adesso la misura è davvero colma. I lavoratori di Casa Serena tornano a far sentire la propria voce e il proprio disagio a Palazzo Zanca e lo fanno autonomamente, senza il supporto delle sigle sindacali. Si tratta dei 13 lavoratori in esubero, rimasti fuori dopo l’ultima rimodulazione del personale fatta dall’amministrazione comunale nel 2014 e in attesa di ricollocazione in nuovi servizi, ma sin qui di tutto questo neanche l’ombra.

Tutto nasce il 31 luglio di quattro anni fa, quando l’allora assessore ai Servizi Sociali, Nino Mantineo, firmò il protocollo d’intesa in seguito agli interventi di messa in sicurezza della struttura. Un altro giorno di attesa e per 60 lavoratori sarebbe scattato il licenziamento. Da quel protocollo d’intesa si evinceva un ridimensionamento del numero delle figure professionali che lavoravano nella struttura di Montepiselli, quindi 13 persone restavano fuori ma l’amministrazione garantiva la continuità lavorativa in altri servizi banditi, in attesa di un progressivo rientro a Casa Serena.

Ma al momento non c’è stato nulla di tutto questo. Anzi, secondo qualche lavoratore, all’interno di casa Serena sarebbero state fatte delle assunzioni, ipotesi che vanificherebbe i principi con cui venne sottoscritto il protocollo d’intesa.  Questi lavoratori rimasti in stend-by per troppo tempo, oggi si sono presentati a Palazzo Zanca per chiedere l’intervento dell’amministrazione e l’attenzione del Consiglio, che ha già previsto una seduta straordinaria della commissione servizi sociali per mercoledì prossimo, magari alla presenza dell’assessore ai servizi sociali Nina Santisi e del dirigente Zaccone. “Non lavoro da 4 anni, ho moglie e tre figli a carico, non so come fare per vivere” ha esclamato uno dei lavoratori in aula oggi, parole che spiegano lo stato di disagio sociale che vivono queste persone ormai da tempo.

Antonio Macauda