Messina senz'acqua nel 2015, class action contro Amam. La replica di Puccio

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Messina senz'acqua nel 2015, class action contro Amam. La replica di Puccio

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martedì 15 Dicembre 2020 - 15:20

Clamoroso successo dell’Unione nazionale consumatori Messina (Unc) e del Codacons Messina.
Nella nota vicenda di #Messinasenzacqua la Corte di Appello di Palermo ha dato ragione alle associazioni dei consumatori ed ha riconosciuto che la mancanza di acqua dal 24.10.2015 al 03.11.2015 è dipesa dalla mancata attivazione da parte di Amam del sistema di interscambio delle fonti.
Si tratta di un importantissimo successo (è la prima class action siciliana) e vede interessati – spiega l’avv. Mario Intilisano dell’Unc Messina – circa 100mila cittadini messinesi che in quei giorni hanno patito e sofferto per la totale mancanza di acqua dai rubinetti.
La Corte di Appello – gli fa eco l’avv. Antonio Cardile (presidente Provinciale Codacons) – ha disatteso anche l’eccezione sollevata da Amam che si trattava di evento eccezionale affermando che una frana non può oggi ritenersi imprevedibile.
La pronunzia, proseguono i due legali, è di grande importanza perché consente a tutti i cittadini messinesi, quali utenti del servizio idrico, di potere ottenere un risarcimento per il disagio patito senza la necessità di dovere promuovere singole cause con costi di gran lunga maggiori ed il rischio di pronunce contrastanti.
I legali ricordano che le cifre richieste assommano da un minimo di 125 euro ad un massimo di 800 a nucleo familiare in relazione al numero ed età dei soggetti.
LA REPLICA DI AMAM.

All’indomani dell’emissione dell’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo, con  cui si dichiara l’accoglibilità del ricorso presentato, sotto forma di class action, dalle associazioni di consumatori Unc e Codacons, rinviando alla cura del Tribunale ordinario di Palermo la decisione circa le eventuali responsabilità risarcitorie in capo ad Amam verso i cittadini messinesi, il presidente dell’Azienda Meridionale Acque Messina, Salvo Puccio, risponde ai commenti vittoriosi dei ricorrenti, apparsi subito sulla stampa, i quali potrebbero fornire una visione distorta e fuorviante dei fatti.
“La Corte d’Appello non ha sentenziato nulla ma ha solo ammesso il ricorso alla sentenza di primo  grado che aveva escluso la richiesta delle associazioni – chiarisce il presidente Puccio – Ciò significa che dovrà verificarsi in sede giudiziale di primo grado (e con un ritardo nel ricorso di ben 5 anni) se le condizioni che generarono la frana di Calatabiano nel 2015 erano prevedibili o meno e se la crisi idrica potesse essere gestita meglio mediante il by pass con l’acquedotto Alcantara o altra soluzione.
L’intera partita giudiziale non è ancora iniziata e, per la quantità e dovizia di aspetti tecnici che dovranno essere valutati, si preannuncia decisamente articolata e certamente onerosa, anche per igli stessi beneficiari e attori della class action, nella formula adottata dalle associazioni rappresentative degli interessi dei cittadini.
Il servizio idrico integrato non produce utili – sottolinea il presidente di Amam – e la tariffa viene utilizzata per migliorare l’erogazione idrica e la depurazione. Ciò significa che qualsiasi costo maggiore dovesse sostenere Amam, per pagare le spese legali e/o i risarcimenti, sarà a discapito del servizio e inciderà sulla tariffa. Comunque, in ogni caso, sarà a carico degli utenti.
Non si coglie quindi l’euforia delle associazioni per un’ammissione ad una fase processuale che dovrà intraprendersi e in cui si dovrà dimostrare quanto necessita al giudice per definire se incomba o meno un onere risarcitorio che, comunque, ove venisse stabilito, purtroppo, ricadrebbe sui cittadini”.