Torna da Roma il 14 marzo, si autodenuncia, fa il tampone, ora è recluso a Giardini

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Torna da Roma il 14 marzo, si autodenuncia, fa il tampone, ora è recluso a Giardini

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mercoledì 15 Aprile 2020 - 10:15

Arrivano continue segnalazioni di cittadini che, rientrati in Sicilia per ragioni di necessità, si trovano a dover vivere un’odissea tra iter burocratici e ritardi cronici delle autorità preposte a gestire l’emergenza. Lo denuncia il Codacons.
Tra le segnalazioni provoca incredulità, la vicenda di un professionista catanese che, rientrato in Sicilia da Roma il 14 marzo, si trova ancora in isolamento fiduciario  a Giardini Naxos senza possibilità di conoscere la data in cui potrà uscire di casa, anche solo per poter andare a fare la spesa, come qualsivoglia altro cittadino in questo momento.
Lo stesso racconta che, 14 giorni dopo il suo arrivo e dopo aver compiuto tutte le formalità richieste per l’autodenuncia al Comune di  Giardini  e al medico sanitario, oltre ed essersi registrato al portale messo a disposizione dalla Regione Siciliana per la geolocalizzazione, è stato contattato dalla Protezione civile per eseguire un tampone al fine di vagliare la sua positività.
Il cittadino, dopo essersi sottoposto al tampone, racconta di esser stato rassicurato del fatto che una volta ottenuto l’esito – al più tardi nelle 48 ore successive – avrebbe potuto cessare l’isolamento fiduciario, qualora fosse risultato negativo.
Sennonché, il professionista denuncia che “da allora sono passati 16 giorni, non ho avuto alcun esito del tampone e mi trovo dunque ancora in quarantena, in una sorta di arresti domiciliari. Ho provato in tutti i modi per vie telefoniche ad avere informazioni riguardo il mio tampone, senza alcun risultato”.
A rendere la vicenda ancora più odiosa, è lo scaricabarile di responsabilità in ordine all’esito del tampone da parte delle autorità competenti. Se il capo della Protezione civile locale sostiene che la responsabilità dei mancati risultati sia da attribuire all’assenza di reagenti e, più in generale, all’ASP, quest’ultima sostiene che nel database dell’ospedale non figura il nome del paziente e che la responsabilità in ordine alla vicenda è da attribuire esclusivamente al Comune.
Il cittadino conclude che “anche se è vero che i ragazzi della Protezione civile mi procurano i beni di prima necessità (acqua, pane, carne, pasta e qualche condimento), avendo speso quasi un mese in totale isolamento e senza avere mai manifestato alcun accenno di sintomo riconducibile al virus, tutto quello che chiedo è di poter vantare gli stessi – pochi – diritti che hanno tutti gli altri cittadini in questo momento di grave crisi globale, per renderlo un minimo più sostenibile”.
Il Codacons, nel denunciare questi fenomeni di malasanità e di cattiva gestione dell’emergenza, invita tutti coloro i quali stiano vivendo momenti simili a quello appena descritto di segnalarlo all’associazione, attraverso i canali messi a disposizione per l’emergenza via mail sportello@codaconsicilia.it o tramite WhatsApp 095441010.