Strage via D'Amelio, parla l'ex pm Petralia

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Strage via D'Amelio, parla l'ex pm Petralia

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lunedì 20 Gennaio 2020 - 13:51

Ha scelto di rispondere in aula Carmelo Petralia, ex pm del pool che indagò sulla strage di via D’Amelio, citato al processo, in corso a Caltanissetta, sul depistaggio delle indagini sull’attentato che vede imputati di calunnia aggravata Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, i funzionari di polizia che facevano parte del pool di investigatori che condusse l’inchiesta.
Petralia, che non ha dato il consenso alle riprese, si sarebbe potuto avvalere della facoltà di non rispondere in quanto indagato di calunnia aggravata insieme alla collega Anna Palma, nel procedimento connesso a quello nisseno, aperto a Messina. Palma è stata sentita alla scorsa udienza.
Secondo la ricostruzione della Procura, gli inquirenti dell’epoca – pm e investigatori -, avrebbero creato a tavolino pentiti imbeccandoli, costringendoli ad accusare otto innocenti e depistando, così, le indagini. Petralia è attualmente procuratore aggiunto a Catania, mentre Palma è avvocato generale a Palermo. Nei mesi scorsi i pm di Messina, che per legge hanno la competenza sulle indagini a carico dei colleghi catanesi – da qui la loro inchiesta su Petralia – ha scoperto una serie di bobine, mai analizzate prima, con le registrazioni delle intercettazioni di telefonate tra il falso pentito Vincenzo Scarantino, uno dei protagonisti chiave del depistaggio, alcuni investigatori dell’epoca e i due pm.
A giugno la Procura della Città dello Stretto notificò ai due magistrati l’avviso di garanzia e l’iscrizione nel registro degli indagati contestualmente alla notizia che sulle bobine sarebbero stati effettuati accertamenti tecnici. Quelle conversazioni sono ora agli atti del processo in corso a Caltanissetta a carico dei poliziotti.
“Dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, visto lo choc generale subìto dal Paese, ci fu un concorso di contributi investigativi incredibile. C’erano momenti in cui nella stanza del procuratore c’erano funzionari dell’Fbi o della polizia tedesca. E in quel contesto c’era anche la presenza di appartenenti al Sisde. In particolare ricordo che c’era Bruno Contrada con cui una volta andammo anche a pranzo. Di Contrada avevo sentito parlare da collaboratori di Falcone che mi avevano riferito, tra l’altro, di una diffidenza del magistrato verso di lui”.
Petralia, che ora è procuratore aggiunto a Catania, è indagato per lo stesso reato a Messina. “A tenere i contatti con Contrada sicuramente era il capo dell’ufficio, Gianni Tinebra. Vi fu un contributo informativo – aggiunge – da parte del Sisde. In che modo si sia sostanziato e quanto sia durato non lo so”. “Il rapporto col Sisde, per quel che mi consta, lo teneva Tinebra”, dice rispondendo al pm Stefano Luciani che gli chiede spiegazioni su alcune annotazioni trovate nell’agenda di Contrada relative a ‘indagini sulle stragi’. Contrada, allora ex numero due del Sisde, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.