Mattanza a Barcellona, si lavorava per la sicurezza…

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Mattanza a Barcellona, si lavorava per la sicurezza…

redme |
venerdì 22 Novembre 2019 - 10:46

E’ chiusa a riccio in un dolore straziante la famiglia Costa, devastata dall’esplosione della fabbrica di fuochi d’artificio al confine tra Barcellona e Merì. In contrada Femminamorta è un via-vai di gente, dagli investigatori agli esperti del Genio, chiamati a mettere in sicurezza la zona. Attorno il silenzio della campagna e lo sguardo perso nel vuoto del cane della famiglia Costa. Venera Mazzeo, moglie del titolare Vito Costa, non c’è più. E’ morta quasi sul colpo. Non era nel casotto esploso, era poco distante, ma l’onda d’urto l’ha investita non lasciandole scampo.
Nino Bartolomeo Costa, il figlio del titolare, è impegnato nella battaglia per la sua vita, al Centro grandi ustionati di Palermo. Anche lui non era nel casotto esploso, né in quelli danneggiati direttamente dall’esplosione. Era all’esterno del caseggiato, insieme ad Antonio Bagnato, stavano riponendo gli attrezzi, avevano quasi finito la loro parte di lavoro. Quando si è scatenato il finimondo ha visto la madre in difficoltà ed a provato a metterla in salvo, ma non c’è riuscito ed è rimasto ferito anche lui.
Quando è arrivato al Pronto soccorso dell’ospedale di Milazzo aveva ustioni sul 60% del corpo, le fiamme lo hanno raggiunto alle gambe, alle braccia e al viso. Non ha mai perso i sensi, ma i medici temevano per gli effetti interni dell’intossicazione, così lo hanno stabilizzato, intubato, e un elisoccorso lo ha trasferito a Palermo.
Per la famiglia Costa c’è da fare i conti con la rabbia: l’esplosione è avvenuta proprio mentre erano in corso i lavori, prescritti dalla Prefettura, che avrebbero dovuto mettere in sicurezza l’area. Una deflagrazione potentissima, come una esplosione vulcanica, che ha ridotto in polvere gran parte del caseggiato, nelle parti operative. Dentro c’era parecchia polvere pirica: il Natale era vicino, è uno dei periodo in cui la domanda aumenta.
IL PARADOSSO, SI LAVORAVA PER LA MESSA IN SICUREZZA. Poi le responsabilità: tutte le parti del caseggiato, il materiale esplodente, erano in sicurezza? Stavano lavorando secondo tutte le norme e le prescrizioni gli operai della ditta Bagnato? Tutte domande alle quali risponderà l’inchiesta, che il procuratore Capo Emanuele Crescenti ha affidato al sostituto procuratore Matteo De Micheli, e che sta compiendo i primi passi proprio in queste ore.
Al vaglio, oltre i reperti sequestrati dal Ris dei carabinieri e dai Vigili del Fuoco, ci sono anche le immagini delle videocamere di sicurezza del caseggiato, che però sembrano inquadrare per lo più la parte esterna del perimetro della ditta.
Intanto è stato scongiurato il pericolo di una sesta vittima. “Non abbiamo elementi per pensare ad un altro disperso”, spiega Crescenti. “Purtroppo non è stato facile identificare chi c’era sotto le macerie, è triste dirlo ma è così, di una vittima in particolare non sono rimasti che pochi resti, difficilmente riconoscibili. Un arto lo abbiamo rinvenuto addirittura stamane su un albero , a diversi metri di distanza. Ma non mancano altri nomi all’appello.”
Sta meglio, invece, Antonio Bagnato. E’ il figlio del titolare dell’impresa cui la ditta Costa aveva affidato i lavori di messa in sicurezza della fabbrica. Ha piccole ferite sul corpo, qualche contusione, ha un timpano perforato a causa degli sbalzi di pressione dell’esplosione, ma le sue condizioni generali sembrano buone e al reparto di Chirurgia di Milazzo, dove è ancora in osservazione. La Procura di Barcellona non lascia nulla al caso, al momento non ci sono indagati, ma ciò non toglie che al più presto possano arrivare i primi avvisi di una tragedia forse evitabile.