Quali le prospettive economiche dell’avvocatura nei prossimi anni?

In occasione del rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Messina, le cui elezioni avranno luogo nei prossimi giorni, vorrei porre all’attenzione dei tanti amici e colleghi alcune questioni che, sono convinto, impegneranno nel prossimo futuro l’azione e le politiche dell’Ordine a livello regionale e nazionale.
La prima riflessione nasce da un ormai ben noto, ma poco analizzato, dato statistico. In Italia si contano, in media, 4 legali ogni mille abitanti ma la distribuzione a livello regionale è molto eterogenea. In cima la Calabria con 6,8 legali ogni mille abitanti, seguono la Campania e la Puglia con 5,7 e la Sicilia con 4,3. Con valori molto più bassi troviamo le regioni del nord, ed in particolare Veneto con 2,4 – Lombardia 3,1 – Piemonte 2,1 – Emilia Romagna 3. Il numero di avvocati è maggiore nelle regioni ad economia più debole e, secondo le recenti indagini condotte dal CENSIS, i professionisti che operano nel sud dichiarano redditi inferiori del 35% rispetto alla media nazionale. L’outlook negativo sui divari di reddito, tuttavia, non è servito ad incoraggiare né la mobilità dei professionisti né tantomeno a far diminuire il numero di avvocati iscritti all’Ordine.
Il numero di avvocati, anzi, è cresciuto in modo continuo negli ultimi 30 anni -senza conoscere battute d’arresto- indipendentemente dall’andamento del ciclo economico. Anche quando la crescita del PIL (che può essere considerata una proxy dell’andamento della ricchezza e del volume delle transazioni sul territorio) ha conosciuto prolungati rallentamenti o addirittura tassi negativi, il numero di professionisti iscritti all’albo ha continuato ad aumentare. La dinamica che governa l’iscrizione all’Ordine degli avvocati, quindi, non sembra tanto essere riconducibile a fattori di natura economica quanto piuttosto a variabili di status -ed i potenziali benefici che tale status comporta- e/o fattori di natura istituzionale come, ad esempio, le modalità di accesso alla professione.
Un’ultima questione, infine, è legata alla segmentazione del mercato e alla mobilità interna. E’ possibile osservare, infatti, un primo segmento in cui pochi studi professionali, altamente qualificati e organizzati, si dividono quote importanti di mercato e sono in grado di proiettarsi al di là del contesto locale; un secondo segmento popolato da tanti professionisti che hanno ulteriormente sviluppato, grazie anche alla abilità di introdurre innovazioni tecnologiche e organizzative, l’attività svolta presso studi già esistenti e consolidati; un terzo strato, infine, in cui si muove una moltitudine di avvocati, sovente ai margini della professione, con guadagni insufficienti a fare fronte ai crescenti oneri che la professione oggi impone. La mobilità tra i vari segmenti è molto scarsa e il sistema appare bloccato.
Ora è comprensibile che il Consiglio dell’Ordine sia chiamato a dare priorità a temi che attengono alla formazione professionale degli avvocati, all’impatto dell’innovazione tecnologica nei processi, al corretto rapporto tra Ordine e magistratura, alla partecipazione attiva alle iniziative di riforma in corso nel paese. E’ innegabile, tuttavia, che gli aspetti economici influenzano l’attrattività della professione; e una realtà professionale completamente sganciata dalla dinamica economica e con una struttura che non facilità certo la mobilità e l’affermazione dei più giovani, e delle donne in particolare, rischia di implodere. Su questi numeri il prossimo Consiglio dovrà ritornare per sviluppare una riflessione più compiuta e proporre soluzioni in grado di allontanare la crisi che si intravvede all’orizzonte.

Michele Limosani

Redazione

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