Agenzie di buonsenso, nè meline nè ramanzine. Di Emilio Fragale

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Agenzie di buonsenso, nè meline nè ramanzine. Di Emilio Fragale

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sabato 01 Settembre 2018 - 09:41

Più che l’Agenzia per il Risanamento, servirebbe quella per il buonsenso. L’ex city manager del Comune, Emilio Fragale, analizza lo stato di caos politico in  cui è ripiombato Palazzo Zanca, dopo le dimissioni annunciate da Cateno De Luca due giorni fa, a seguito della boccatura, da parte del Consiglio Comunale, della delibera sull’Agenzia per il Risanamento.

“In un articolo del Corriere della Sera del marzo 2016 a firma di Giuseppe De Rita si leggeva “il decisionismo politico porta certamente al primato del comando; ma questo rimane nullo senza una catena del comando che trasmetta alle strutture amministrative e alle periferie del sistema le opzioni di vertice”. Ancora … “in questo deficit di trasmissione dettagliata … la volontà politica resta un potere nudo, spesso di mero annuncio, senza seguito concreto”. Nessuna organizzazione pubblica o privata può vivere senza creare spazi e tessuti di relazioni e di reciprocità. La democrazia, a tutti i livelli e in tutte le sfere, vive (vivacchia!?) di equilibri tra chi è chiamato a governare e chi è chiamato a controllare. Solo Winston Churchill poteva permettersi il lusso di affermare “la democrazia funziona quando a decidere sono in due e uno dei due è malato”. Il sindaco di Messina on. De Luca, che giornalmente conquista simpatie presso chi è stanco e snervato da tattiche e meline simil-attendiste e/o defatigatorie, rischia – tuttavia – di avvitarsi attorno alla maschera di chi volendo tutto e subito non riesce a controllare i piedi che saltellano uniti (in uno con pugni chiusi) come quelli dei bambini capricciosi. Ha ragione quando richiede approfondimenti, emendamenti, soluzioni. Ha ragione quando esige celerità e impegno. Ha torto quando pensa di potere by-passare attraverso i social i canali delle relazioni sindacali (della contrattazione e della concertazione). Ha torto quando pensa di potere cavalcare l’ostilità diffusa nei confronti della burocrazia perché al Comune e nelle partecipate non vi sono solo fannulloni e imboscati ma anche dirigenti, funzionari e impiegati seri e preparati. Ha torto quando si arroga di attribuzioni e competenze in dispregio della distinzione tra prerogative della politica e quelle della macchina della amministrazione. Ha torto quando pensa di mettere in mora il Consiglio Comunale dettando itinerari e tempi di marcia incompatibili con una sede istituzionale dalle dinamiche complesse. Il c.d. “bene della città” è – per l’appunto – troppo prezioso per essere confinato a leziosa ramanzina. La “P”olitica e i “P”artiti a Messina si dimostreranno malati se lasceranno in (più o meno beata) solitudine i consiglieri comunali”.