Bolero Trip Tic – la grande danza al femminile

Maria Antonella Saia

Bolero Trip Tic – la grande danza al femminile

venerdì 11 Maggio 2018 - 12:32

Domani, alle ore 21.00, e domenica in doppio spettacolo, alle ore 17.30 e alle  21.00, andrà in scena al Teatro Vittorio Emanuele la grande danza del Balletto di Roma impegnato nella pièce dal titolo Bolero Trip Tic. Un vero e proprio trittico, che ruota attorno al numero tre: tre le coreografe coinvolte, tre i brani dei primi anni del XX secolo, tre i temi per tre ricerche coreografiche nate a partire da musiche ormai entrate nel repertorio, ma un tempo parte di un modo rivoluzionario di fare danza.
Il  Balletto di Roma torna ad esplorare la forma del trittico: ad essere protagonisti questa volta sono tre brani musicali, che rimandano allo straordinario periodo di innovazione e fermento artistico che accompagnò l’ascesa dei Balletti Russi in Europa agli inizi del 1900. Purtroppo, le figure femminili che contribuirono allo sviluppo della cultura della danza europea in quegli anni rimangono nell’ombra: è il caso, ad esempio, di Ida Rubinstein, danzatrice e mecenate, che nel 1928 commissionò a Ravel il celebre Bolero, per un balletto che coreografò e danzò poi lei stessa.

È quindi con questo nuovo titolo che Balletto di Roma decide di dare voce a tre artiste italiane attive sulla scena contemporanea internazionale e offrire loro l’opportunità di confrontarsi con la creazione nell’ambito di una compagnia, compagnia che in questo modo arricchisce il proprio repertorio con diversi linguaggi coreografici e nuovi approcci artistici.
Alla giovane Giorgia Nardin, coreografa indipendente e docente al corso triennale professionale di contemporaneo, è proposta la creazione de L’Après-midi d’un Faun sulla musica originale di Debussy: il suo stile estremamente fisico e provocatorio rilegge un titolo tratto da un racconto di Mallarmé, che ha ispirato una partitura capostipite dell’impressionismo musicale. Un poemetto ricco di di immagini e simboli, ma anche di riferimenti profondamente erotici, in cui il poeta descrive il fauno attraverso il gesto, delineandone con chiarezza la struttura fisica e spaziale, con uno sguardo attento sul corpo e sullo stato emotivo. Ma più di un secolo dopo, cosa racconta questo personaggio? A partire da questa domanda si sviluppa la ricerca di Giorgia Nardin, con uno sguardo al celebre Nijinsky.

Ancora Debussy per Chiara Frigo, cui è proposta la creazione di un lavoro ispirato al tema delle migrazioni sulla Suite Bergamasque (con elaborazioni sonore di Mauro Casappa) suite in quattro parti, che comprende anche il celebre Clair de Lune, ispirato questa volta ad una poesia di Mallarmé. In questo intreccio di citazioni letterarie e musicali, Chiara Frigo indaga un concetto di migrazione in cui gli orizzonti si sono appannati e ristretti, le traiettorie di fuga incontrano sempre più spesso un muro, un filo spinato; in cui migrare è un bisogno febbrile di uscire da un labirinto fatto di trappole spietate, inganni che si ripetono. Con la sua coreografia Chiara Frigo costruisce un labirinto di Dedalo, ispirato alla contemporaneità di una migrazione ben lontana dal volo liberatorio – seppur fatale – di Icaro.
A Francesca Pennini, infine, è proposta la creazione di Bolero sulla musica originale di Ravel: celeberrimo e diffusissimo tra le composizioni di danza, in questa versione di Balletto di Roma promette di essere scardinato e ricomposto secondo l’ironica e complessa danza tipica di Pennini e delle sue creazioni “cinetiche”. Nella versione di Francesca Pennini, Bolero è un atto di resistenza e di contagio, l’orrore e l’attrazione della ripetizione: da una parte la musica, agente scatenante di una febbre sensuale ed ossessiva, un’epidemia dei corpi e dei pensieri; dall’altra la danza, un rito di vaccinazione, una sfida atta a fare anticorpi per un conflitto sistemico con il suono.
Un viaggio nella grande danza, che coinvolgerà il pubblico sin dalle prime note.