Quinteatro: conversando con Sergio Vespertino, protagonista di Fiato di madre

Maria Antonella Saia

Quinteatro: conversando con Sergio Vespertino, protagonista di Fiato di madre

venerdì 30 Marzo 2018 - 20:42

Scrosci d’applausi hanno salutato l’attore Sergio Vespertino e il musicista  Pierpaolo Petta protagonisti dello spettacolo Fiato di madre andato in scena domenica scorsa a l Teatro Trifiletti per la Stagione quiNteatro, diretta dal regista Giuseppe Pollicina e organizzata da Le Alte Terre di Mezzo di Tania Alioto,   in collaborazione con il Comune di Milazzo.
In quell’occasione abbiamo realizzato una breve intervista con l’artista Sergio Vespertino che adesso vi proponiamo.
 Cinema o teatro? Di quale,  tra questi due mondi, non potrebbe  fare a  meno se le si presentasse tale scelta?     
Cinema e teatro in egual misura, ma se dalla torre ne dovessi gettare uno salverei il teatro perché rappresenta la mia passione da sempre, perché dà  sfogo alla mia frenesia di scrivere dal momento che sono anche autore dei miei testi. Portare in scena una mia creazione e condividerla  con il pubblico è qualcosa che mi arricchisce dentro; ciò vale sia quando sono diretto da altri,  sia quando si tratta di una mia regia. Sotto il profilo cinematografico si cambia completamente registro, perché se a teatro sono una maschera che si muove liberamente nella sua interezza, nel cinema la recitazione deve essere più controllata dal momento che ogni gesto contiene già di sé un racconto.
Quale ruolo interpretato nel corso della sua carriera l’ha emozionata di più?
La grande emozione ritorna sempre quando ci sono degli accadimenti grandi,  e nella vita ce ne sono molti come ad esempio la mia prima volta di fronte ad un pubblico pagante o anche la mia prima volta in  un teatro di pietra, a Segesta, con Riccardo Garrone. Altra mia grande emozione fu la volta in cui ho avuto l’onore di lavorare con il Maestro Turi Ferro, interpretando la novella pirandelliana la Cattura e mi ritrovo per la prima volta ad avere a che fare con Andrea Camilleri, grande amico di Turi Ferro, e la regia di Giuseppe Di Pasquale. Ed ecco, quindi, la magia del teatro. Tutte le volte che c’è una  Prima assoluta di un mio spettacolo, in cui non c’è sicurezza della reazione del pubblico,  mi sento invadere da una grande emozione, perché in ogni lavoro c’è tutto me stesso. In sintesi, non è il  singolo ruolo ad emozionarmi, ma lo spettacolo in ogni sua  componente.
Cinema, teatro, spettacolo in genere, perché e così difficile emergere in questo settore?
A volte ci vuole  l’amicizia giusta, al momento giusto, nel luogo giusto e che ti guarda in quel momento, ma questo succede in tutti i lavori. Se si è davvero innamorati di ciò che si fa, quest’amore arriverà sicuramente al pubblico, al dl là della tecnica.
In base a quali criteri sceglie i soggetti per i suoi  lavori?
Per i miei lavori  cerco l’uomo comune, il metropolitano, l’uomo che ingloba tutti i vizi e le virtù. Cerco di catturare tutto questo nei miei lavori cercando di esasperare  questa realtà o sgranarla quanto più è possibile, quasi a farla diventare surreale per poter creare il paradosso. La gente  deve poter ridere di se stessa e nel contempo comprendere  che c’è qualcosa che non và. Se raggiungo quest’obiettivo ho centrato il segno.
Ricorda  i suoi  esordi sulla scena teatrale? Si racconti…
I miei genitori mi hanno sempre detto che quand’ero piccolo riproponevo tutto quello che guardavo in TV  o che leggevo nelle favole. Ad esempio giocavo a rappresentare Le avventure di Zorro, dove io interpretavo Zorro e il mio cane, un pastore tedesco, era il mio fedele cavallo Tornado,   solo che ad un certo punto il mio cane se ne andava e io rimanevo uno Zorro a Piedi suscitando l’ilarità di quanti  mi guardavano.
Per me la Risata è la principessa  di  un vocabolario magari più piccolo ma costituito esclusivamente  da parole che inneggiano alla Bellezza.
Quali consigli  darebbe ai giovani che vogliano intraprendere questo mestiere?
Al di là  dell’innamoramento  per questo mestiere, i giovani  devono avere la voglia di condividere i propri sentimenti.  Se la vita non si restringe al loro piccolo mondo  ma diventa  un vetro  riflesso dove qualunque spettatore possa guardare dentro allora potrà diventare un grande attore. In secondo luogo bisogna  credere fermamente in sé stessi perché anche se non è il momento migliore bisogna essere sempre preparati, l’occasione che aspettavi da uno vita potrebbe essere dietro l’angolo. E, infine, reinventarsi sempre, studiare, approfondire l’introspezione  per poi offrirsi totalmente al pubblico.  Queste sono delle caratteristiche che io vorrei trasmettere ai giovani.
 E, infine, quali sono i suoi prossimi impegni teatrali, cinematografici e televisivi?
Dal 26 aprile sarò nuovamente sul piccolo  schermo  con la seconda serie della fiction La mafia uccide solo d’estate. Per quanto riguarda il teatro,  a Catania sono in scena   con lo spettacolo Bastian Contrario, poi a partire dalla metà di maggio alla metà di giugno sarò a Palermo con un mio spettacolo dal titolo Papà la coque. Vi aspetto a teatro!