Colpo alla mafia barcellonese: sequestro di beni alla famiglia Molino-Milone

Un trasferimento fraudolento di valori per due società edili: la Gramey srl, riconducibile ai coniugi Domenico Molino e Carmela Milone, fino a pochi anni fa affidataria di numerosi contratti d’appalto sia nel settore pubblico sia privato, attraverso l’imposizione di sub appalti in suo favore, come strumento per portare a termine attività estorsive da parte della famiglia mafiosa dei barcellonesi; e l’Edil Delta srl, impresa intestata formalmente ad Antonino Polito.
I carabinieri di Barcellona e la Direzione investigativa antimafia di Messina, su richiesta della Procura – Direzione distrettuale antimafia di Messina, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare patrimoniale emessa dal giudice Monica Marino, a carico dei tre soggetti, già indagati nell’ambito di “Gotha 7″ per intestazione fittizia e trasferimento fraudolento di beni con associazione mafiosa, per un valore di 6 milioni di euro.
Sequestrati tre terreni di proprietà della famiglia Milone a Barcellona; un appartamento mansardato nel Comune di Cotronei (Kr); quattro autocarri per lavori edili; cinque autovetture ed un motociclo. Oltre a questi beni sono stati sottoposti a sequestro tutti i rapporti finanziari, titoli, prodotti o altro nella disponibilità di Domenico Molino, della sua famiglia e delle due imprese. A Carmela Milone è stata inoltre notificata la misura interdittiva che le vieta di esercitare imprese e ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche per il periodo di un anno.
L’indagine nasce dall’estorsione operata a partire dal 2006 da parte di Carmelo D’Amico, oggi collaboratore di giustizia, e Filippo Milone, referente per la consorteria mafiosa barcellonese per la zona di Gala, al momento ai domiciliari, ai danni della ditta “Rosario Presti Srl”. Esigevano, manifestando la propria appartenenza alla consorteria mafiosa dei “barcellonesi” e prospettando attentati e gravi ritorsioni, che l’assegnazione di una quota dei lavori pubblici di costruzione e sostituzione della rete fognaria di Barcellona e risanamento del torrente Longano per un valore di circa un milione e mezzo di euro complessivi, venisse affidata a Domenico Molino, rappresentante della Gramey e marito di Carmela Milone, figlia del vecchio boss.
Molino ha svolto parte di questi lavori al posto di Presti ricevendone i compensi. Nel 2014, poi, la famiglia Molino – Milone, sospettando un interessamento dell’Autorità Giudiziaria anche nei confronti della Gramey a seguito dell’operazione “Gotha 5”- in cui alcuni esponenti della consorteria venivano arrestati per altre estorsioni commesse -, decideva di concedere in locazione l’intera azienda, comprensiva di mezzi e personale ad una piccola società condiscendente e sottomessa, la Edil Delta s.r.l., intestata ad  Antonino Polito, da sempre dipendente della società e non titolare.
Alla ditta locataria venivano inoltre affidati tutti gli appalti in esecuzione in quel periodo per un valore di 300mila euro. Trasferimento, quest’ultimo, apparente ed attuato al solo fine di eludere beni ed appalti da eventuali misure di prevenzione patrimoniale, successivamente emesse nei confronti della Gramey.
Come dimostrato a conclusione di due convergenti attività investigative condotte dai Carabinieri e dalla Direzione investigativa antimafia di Messina, la governance di tutta l’attività è rimasta nelle mani della famiglia Molino-Milone, mentre Polito ha continuato a svolgere il proprio lavoro di operaio edile senza alcun tipo di compito sotto il punto di vista gestionale-amministrativo di cui il vero coordinatore è rimasto Molino.
All’interno della sede operativa della Gramey gli investigatori hanno rinvenuto numerosi documenti amministrativi e contabili risalenti ad un periodo successivo alla locazione e relativi proprio all’Edil Delta: carte di credito, corrispondenza, attestazioni per la partecipazioni ad appalti pubblici, pagamenti di fatture ed assegni firmati da Polito, che hanno confermato come il ruolo di Polito fosse solo quello di facciata mentre la gestione effettiva restasse in capo ai coniugi.
Dall’esame svolto sulle posizioni reddituali del nucleo familiare Molino – Milone rispetto al patrimonio oggi sottoposto a sequestro – e quantificato in 6 milioni di euro – è stata dimostrata una rilevante sproporzione non giustificata dalle entrate ufficiali dichiarate dai singoli soggetti  coinvolti negli accertamenti”.

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