La rilegatrice di storie perdute, un manifesto dell'indipendenza femminile

Maria Antonella Saia

La rilegatrice di storie perdute, un manifesto dell'indipendenza femminile

giovedì 09 Novembre 2017 - 17:43

Un libro può davvero cambiare l’esistenza di chi  lo legge?

A rivelarcelo sarà Sofia  Bauer, protagonista del nuovo, magico ed esaltante romanzo di Cristina Caboni. Dopo il clamoroso successo, infatti, de La custode del miele e delle api e Il  giardino dei fiori segreti, la scrittrice italiana, che meglio di tutte sa dare voce al misterioso universo femminile,  torna a proporci una nuova grande storia dal titolo La rilegatrice di storie perdute, edito da Garzanti.

Al centro di tutto due donne, un unico obiettivo, la ricerca dell’indipendenza; questo il leit motiv che lega Sofia Bauer, rilegatrice per passione,  a Clarice, una donna vissuta due secoli  prima,  che della legatoria  ha fatto la sua professione, oltre al fatto che essa ha costituito la sua principale via di fuga  da un matrimonio combinato  denso di soprusi. Parallelamente, è il ritrovamento di un libro antico  che mette in relazione Sofia  con l’affascinante, coraggiosa e complicata  scelta di  Clarice.  Ed è cogliendo al volo l’esempio offerto dalla scelta della donna vissuta più di due secoli prima  che anche  Sofia  decide di rivoluzionare la sua vita mettendo fine ad un matrimonio da tempo naufragato e  dando  finalmente sfogo a quelle passioni da tempo sopite.

Comincia da questo momento in poi un viaggio a ritroso nel tempo,  dove Sofia,  grazie anche all’aiuto del misterioso Tomaso Leoni, cacciatore di libri antichi, scoprirà una storia piena di fascino e voglia di riscatto, in cui Clarice li farà partecipe della sua grande storia d’amore con l’affascinante scrittore Christian Fohr. Ma, talvolta, l’amore  può diventare la più dolce delle condanne a cui soccombere, nonché la più dura delle battaglie da vincere, soprattutto quando essa è osteggiata dalla società in cui si vive.

Caratterizzato da un ritmo incessante e frenetico, cosi come  la vita, l’opera risucchia, sin dalle primissime battute,  il lettore dentro le sue pagine facendolo diventare parte integrante della storia; talché si arriva ad un punto  in cui  non esistono più filtri che separino il lettore dalla protagonista dell’opera, e tutto diventa confuso e chiaro allo stesso tempo. Così, se da  una parte il romanzo assolve in modo strabiliante al suo primordiale compito, vale a dire catturare il lettore nella sua  totale essenza, dall’altra il messaggio che ne vien fuori arriva forte e chiaro: l’amore è il  sentimento più importante nella vita dell’intera umanità, senza si vive male, è quel sentimento che ci fa sentire vivi, ci fa vibrare di profonde emozioni e ci rende capaci di fare anche l’impossibile. Ma, nella sua ricerca  la donna deve sempre tener presente quanto esso debba essere un completamento, mai un punto d’arrivo, mai una sottomissione.

Per questo motivo l’opera di Cristina  Caboni non si può semplicemente catalogare come un romanzo d’amore, in quanto esso rappresenta, soprattutto, un manifesto dell’indipendenza femminile, in un momento in cui quest’importante conquista sembra aver perso il suo valore iniziale.