Vita Cristian in bilico, quel muro da demolire prima. Famiglia rifiuta ex bottega-alloggio

Condizioni di vita sempre precarie per il 16enne ed una ex bottega requisita all’Istituto Autonomo Case Popolari che non possiede le caratteristiche strutturali per ospitare il ragazzo malato. Della vicenda di Cristian Barbuscia ci siamo occupati in più occasioni: il giovane che soffre di tetraparesi spastica si è aggravato, con diagnosi clinica accertata, per aver vissuto dieci anni nell’abitazione di Zafferia, intrisa di umidità e muffa, anni che gli hanno provocato complicanze respiratorie con la compromissione dell’unico polmone rimasto. L’eventuale intervento alla trachea è stato rinviato finché l’infezione non viene superata.

La famiglia Barbuscia, supportata dal sindacato Fronte Popolare Autorganizzato – Sì Cobas, fa sapere di dover rifiutare quei locali in Via Aurelio Saffi n.8/10, assegnati al ragazzo con i suoi genitori, per le dimensioni ridotte dell’appartamento rispetto all’attuale casa di Zafferia che ostacolerebbero l’impiego degli ausili indispensabili a Cristian.

Nonostante le modifiche vagliate nel progetto di Politiche della Casa dopo aver emanato l’ordinanza di requisizione il 17 giugno, l’Amministrazione Comunale non riesce a fare di più considerando che si è messa contro la stessa direttrice dello Iacp Maria Grazia Giacobbe e avrebbe disposto la locazione per appena un anno e comunque per il periodo relativo all’emergenza di Cristian. Senza contare che il concetto esplicitato è poco realistico perché lo stato dell’adolescente non reversibile rispetto alla sua disabilità (semmai peggiorativa), si è preso atto della fatiscenza e dell’umidità dell’alloggio, durante il sopralluogo effettuato alla ex bottega Iacp.

Secondo prescrizione medica, all’atto delle sue dimissioni dall’ospedale in cui è ricoverato (Irccs-Piemonte), il giovane necessiterà di dimorare in un’area vicina al Policlinico (perché sempre seguito dagli specialisti di questa struttura) e situata al piano terra. Non potrà dunque rientrare dove ha sinora risieduto, in quanto ha bisogno di un ambiente asettico, incompatibile con la situazione igienico – sanitaria di una delle palazzine definite “fantasma”.

Forse, quel “muro del silenzio” andava abbattuto. Forse, la casa andava assegnata prima a Cristian che si danneggiasse la sua funzionalità polmonare. Forse, tutte le case appartenenti a quel complesso “fantasma”, che passa sulla falda acquifera, non andavano proprio costruite, come non è stato più realizzato l’ultimo lotto a causa del riconoscimento di un territorio inadatto da parte del Genio Civile e dell’Università di Messina.

“Pur riconoscendo l’impegno, il coraggio e la volontà politica di questa azione di Palazzo Zanca e dell’assessore Pino – sottolinea il sindacato -, la famiglia Barbuscia è stata costretta a dire no all’ex bottega IACP. Dopodiché, la requisizione a tempo, non fornisce sufficienti garanzie per un’abitazione dignitosa ed un residenza stabile”.

Questa particolare vicenda ha anche aiutato ad accendere i riflettori su come parte del patrimonio immobiliare dello Iacp, composto da immobili comunemente etichettati “botteghe”, sia in realtà catastato come abitazione (A3 e A4). Si tratta non di botteghe ma di immobili assegnabili a persone e a nuclei familiari in graduatoria o in emergenza abitativa. Invitiamo perciò il Comune ad andare a fondo sulla vicenda nell’interesse del diritto all’abitare.

“Allo stesso modo, riteniamo sia opportuno procedere con quel censimento a controlli incrociati del patrimonio immobiliare pubblico, già ripetutamente proposto dal Fronte Popolare Autorganizzato Si Cobas, al fine di accertare stato e disponibilità dell’edilizia pubblica in città. Restiamo in attesa di un alloggio adeguato, dignitoso e dalle solide prospettive per Cristian Barbuscia”.

Redazione1

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