Marchetti ricorda "Pupetto ed io" e «quel teatro non c'è più»

Maria Antonella Saia

Marchetti ricorda "Pupetto ed io" e «quel teatro non c'è più»

domenica 28 Maggio 2017 - 21:16

Una rappresentazione teatrale di Maurizio Marchetti dedicata a Pupetto, l’attore e Maestro Donato Castellaneta, scomparso alla fine di novembre nel 2014. Pupetto, grande amico di Marchetti, aveva trascorso molto tempo a Messina, la definiva «la città delle blatte», per la quale nutriva un sentimento di «amorodio», termine di sua coniazione, come ci racconta Marchetti.
Una carriera lunga che conta numerose collaborazioni importanti, sia in cinema che in teatro, come l’incontro con Leo De Berardinis, Elio Petri (“La classe operaia va in paradiso”, 1971), Roberto Benigni (“Pinocchio”, 2002 e La tigre e la neve, 2005).
In una Sala Laudamo, nuova location per la rassegna Atto Unico di QA-QuasiAnonimaProduzioni, l’attore messinese spiega la storia di una grande amicizia con annessi contributi video di artisti e allievi che attraverso le loro parole arricchiscono il ritratto di un uomo pieno di energie, arguto, irascibile, sincero e integro, serio ma pieno di voglia di giocare. Un uomo che ha amato il suo mestiere e lo ha rispettato fino in fondo, credendo nel teatro come valore irrinunciabile.
“Pupetto ed io” è diventato inevitabilmente un omaggio al teatro, come ha sottolineato più volte Marchetti, un teatro che non c’è più, un teatro che permetteva a una compagnia giovane di entrare in un cartellone in abbonamento al Parioli ed essere ospite di Maurizio Costanzo. Un teatro in cui le tournée duravano mesi e si riuscivano a fare, «un teatro in cui a teatro si faceva teatro, ogni sera».
E proprio dal romanzo, Marchetti legge il brano sulla Sicilia e i Siciliani. In omaggio a Pupetto, viene poi recitato il quinto canto della Divina Commedia, citando anche Gassman, che entrambi amavano molto. Poi un’incursione di Achille Campanile con “La quercia del Tasso”, per cui entrambi hanno sempre coltivato un’autentica passione. Infine un momento più duro e intimo con uno stralcio da “Il vento va e poi ritorna” di Vladimir Bukovskij.
Serena Votano