Il poliziotto Franco Arcoraci racconta la sua lunga battaglia contro la mafia

Redazione

Il poliziotto Franco Arcoraci racconta la sua lunga battaglia contro la mafia

martedì 30 Ottobre 2018 - 12:58

La sua storia l’abbiamo conosciuta in questi giorni, attraverso le riprese di un film. Il suo nome è Franco Arcoraci, ex poliziotto ed autore, insieme a Giusy Venuti, del film documento sulla mafia siciliana  “Franchitto – Io non ho paura“, un lungometraggio nel quale lui si racconta,  denunciando  alcuni “impedimenti” che avrebbe subito, da parte di alcuni soggetti, prima e durante le riprese dello stesso film da poco conclusosi. In esso si narra la vita di un poliziotto, “Franchitto” , il quale, con grande coraggio, ogni giorno, ha sfidato da mafia del messinese,  radicata a Barcellona Pozzo di Gotto e direttamente collegata alla mafia palermitana e corleonese,  a cui facevano capo i  boss Riina e Provenzano.
Il film  si prefigge di porre in evidenza l’impegno  delle forze dell’ordine che, quotidianamente,  affrontano la malavita,  rischiando  la propria vita.
“Qui in Sicilia dovrà prevalere la cultura della legalità – dichiara in un’intervista Arcoraci – affinché si possa sconfiggere per sempre la mafia. Purtroppo, in questa Regione vige, da due secoli,  l’illegalità che ha sostituito la giustizia in quanto è stata  lo strumento mediante cui  molti hanno trovato lavoro,  che ha permesso loro di vivere: in tal modo  si è sostituita  allo  Stato,  assente e distante.  Ho rischiato la vita  e sono ancora in pericolo in quanto alcune  persone che ho arrestato hanno  giurato di farmela pagare. E’  noto che la mafia mantiene le sue promesse di vendetta per aderire al proprio codice d ‘onore.
Vivo, perciò, con una spada di Damocle sulla testa.   Non ho paura e  i  mafiosi  lo sanno: forse,  per questo motivo,  mi hanno ancora risparmiato.   Ho  raccontato tutto ciò nel mio film,  che ho finito di girare qualche giorno fa, con cui desidero  far capire ai giovani cosa significa sfidare la mafia.
Non è un classico film poliziesco, in cui il poliziotto rimane in disparte e prevale la figura del commissario.  Nella realtà,  chi rischia  la vita è sempre il poliziotto che, in prima persona,  affronta il delinquente, il commissario firma solo le carte!
Non ho subito minacce fisiche, ma impedimenti,  in quanto  mi  hanno impedito  di  girare alcune scene per paura di essere coinvolti o  per paura che  smascherassi alcune verità.  Impedire di dire la verità’ è  una forma di violenza mafiosa.  Mediante questo film vogliamo urlare la verità contro ogni forma  di omertà  e di paura !”